L’influenza negativa che il Coronavirus ha avuto non è affare da poco
Non v’è dubbio che il 2020 sarà ricordato come uno degli anni più difficili di sempre per chi lavora. Come ha osservato Dan Schawbel, managing partner di Workplace Intelligence, «la salute mentale è il più grande problema della forza lavoro del nostro tempo e lo sarà per il prossimo decennio, ed è quindi giunto il momento per le organizzazioni di esplorare soluzioni per affrontarla».
In oltre tre casi su quattro (nell’85% dei casi nel mondo e nel 78% nel nostro Paese) il malessere psicofisico derivante dal Covid-19 ha influito negativamente non solo in chiave professionale, ma anche sulla vita privata.
Maggiore stress (lo dice il 38% del campione esaminato), mancanza di equilibrio tra lavoro e vita privata (35%) e depressione da assenza di socializzazione (25%) impattano sullo status mentale di ciascuno di noi.
Le ripercussioni più comuni riportate sono state la privazione del sonno ,la cattiva salute fisica, la minore serenità domestica e l’isolamento dagli amici. Il 35% delle persone oggetto di indagine ha dichiarato di aver lavorato in smart working non senza sacrificio, subendo un vero e proprio logorio psicofisico per il super lavoro.
Stress sempre crescente per il peso delle pressioni e la rincorsa ai risultati prefissati.
Se gli svantaggi percepiti nell’home working sono evidenti , il 59% degli italiani ha trovato l’attività da remoto più interessante rispetto alla fase pre Covid ritenendola valida ai fini dell’ottimizzazione del proprio tempo.
L’82% di chi oggi si trova difficoltà preferirebbe rivolgersi a “robot” potenziati dall’intelligenza artificiale in veste di consulente o terapeuta invece che ad altre persone. Il 68% degli intervistati si confronterebbe un “chatbot” pilotato dagli algoritmi piuttosto che con il proprio manager evitando stress e ansia sul lavoro.
Circa un terzo dei lavoratori si dice convinto che un’intelligenza artificiale possa fornire risposte rapide su domande specifiche relative al proprio status psicofisico.
Dallo studio, emerge con chiarezza che i lavoratori vorrebbero che le aziende offrissero più supporto per la propria salute mentale per evitare pesanti ripercussioni nella vita personale e professionale. Se un’azienda si è messa moto durante la pandemia, poche invece hanno investito su tecnologie per migliorare il benessere psicofisico con chatbot dedicati.
I dati provenienti da sondaggi ed interviste confermano che l’intelligenza artificiale è considerata un interlocutore possibile. Già sperimentata positivamente in altri ambiti, su altri temi, bisognerebbe utilizzare la tecnologia in forma di app e servizi digitali, per il benessere delle persone.